martedì 19 gennaio 2010

Pieve S. Maria in Silvis (Pisogne / BS)

Risalendo la via Pieve, poco oltre il parco Damioli, incontriamo la splendida chiesa di Santa Maria in Silvis, l’Antica Pieve, collocata su un dosso che domina, oltre al paese, anche tutto l’alto lago d’Iseo.
Pur avendo origini molto più antiche (è certamente l’edifico cristiano più antico di Pisogne), fu ricostruita nel 1485, come si legge sul portale in pietra simona tipicamente rinascimentale della facciata.
Durante i lavori di restauro dell’edificio sono emersi diversi livelli di pavimentazione, nonché un’ara funeraria romana della metà del I secolo d.c. dedicata al sacerdote del divo Augusto Tiberio Claudio Numa, reimpiegata nell’edificio cristiano come fonte battesimale. Inoltre, sempre durante i lavori di restauro, è stata scoperta una cripta (che i lavori di restauro hanno reso visitabile) testimoniante l’antico insediamento religioso.
L’interno dell’edificio reca un importante ciclo di affreschi tardo quattrocenteschi realizzati da Giovanni Pietro da Cemmo e dalla sua scuola. L’opera più importante è sicuramente costituita dalla Danza Macabra (o Trionfo della Morte) che occupa parte della controfacciata e del lato nord della chiesa e termina a ridosso dell’arco trionfale col tema della “resurrezione della carne”. Interessante anche la presenza della figura del Beato Simonino da Trento, esempio molto diffuso di propaganda antisemita.
Di notevole fattura anche la pala (olio su tela) dell’Assunta attribuita ad Antonio Gandino, racchiusa in un’ancora lignea del XVII secolo; l’altare, opera della famiglia Fantoni e il pulpito probabilmente opera dei Ramus.


Depliant

venerdì 12 giugno 2009

La chiesa di san Virgilio (Spormaggiore / TN)

La chiesa di Spormaggiore è una chiesa di origine pievana, la pieve era un istituzione innanzitutto religiosa, ma anche sociale, presente in altre parti dell'italia centro-settentrionale. Essa aveva la prerogativa del fonte battesimale, la sovrintendenza dei funerali ed il diritto di decima.


La chiesa vecchia


La chiesa vecchia è costruita per tutta la popolazione della pieve di Sporo contemporaneamente al campanile romanico, la cui età esatta non è precisabile, ma che esiste sicuramente dal 1295.
Il primo edificio viene restaurato, probabilmente in modo radicale, nel 1370. Nel 1443 viene consacrato da fra Giovanni vescovo titolare di Tino e Micone e suffraganeo di Trento.
Attualmente si presenta a pianta rettangolare, con la caratteristica mancanza dell'abside, in seguito alla costruzione della nuova chiesa parrocchiale.

Il tetto è a capanna molto spiovente, interrotto da eleganti contrafforti in pietra di forma triangolare e terminanti a leggio, che danno una spinta in alto alle masse.

Precede l'ingresso un bell'atrio a pianta rettangolare di stile rinascimentale. Vi si trovano tracce di affreschi antichi, fra i quali un bel S.Vigilio, titolare della Chiesa. Il portale è a sesto fortemente acuto, con bellissimi motivi a rilievo. E' datato 1686.
L'interno è a navata unica con tre campate, ed a volte a rete, le cui nervature partono da colonnine addossate alle pareti. Negli scudetti dei nodi di pietra che si trovano nelle nervature del soffitto sono scolpiti stemmi di famiglie di benefattori.
Il presbiterio si aggiunge direttamente alla navata , è delimitato da due arcate gotiche, delle quali una ha scolpita nella chiave una testa, che, secondo la tradizione raffigura il Dio Annone.

L'altare maggiore, datato 1608, è di legno intagliato e dorato, con due colonne ornate di tralci e di festoni con fiori e frutti. Alla base gli stemmi Spaur e Madruzzo, con un piccolo stemma dei Crivelli.
Sul timpano Dio Padre con triangolo, simbolo di perfezione, del divino e della trinità e un enorme corona, simbolo di regalità.

La pala di Martino Teofilo Polacco è del 1614 e rappresenta l'incoronazione di Maria e la gloria dei santi : S.Vigilio è rappresentato in abito pontificale, con accanto uno zoccolo di legno; i tre martiri d'Anaunia Sisinio, Martirio e Alessandro; S.Romedio vicino all'orso, S.Massenza la più anziana e S.Emerenziana, con la palma ed una pietra. Poi S. Giovanni Battista bambino e S. Simonino. In alto Maria con lo Spirito Santo, Cristo e il Padre che tiene nella mano il mondo intero.

L'attuale mensa è il vecchio pulpito. Ai piedi una lapide riportante una data: 1618. Accanto il leggio, ricavato da varie strutture precedenti.
A destra dell'altare, la statua di S. Giovanni Nepomuceno e, sulle pareti, con la spada simbolo della parola di Dio "più penetrante di una spada a doppio taglio"(Eb4,12) S. Paolo e, con la chiave simbolo del potere che viene da Dio S.Pietro.

In fondo c'è la cantoria, opera di scultura policroma in legno del 1663. Presenta sette tele con angeli o persone che suonano. Sopra c'è un rosone traforato che non porta luce e che si può notare soltanto dall'interno.

Sul lato sinistro, vicino all'entrata, si trova lo scudo funerario ligneo del conte Pancrazio Spaur. Vi sono intagliati gli stemmi Spaur e Lichtenberg. Tutt'intorno fa da cornice una scritta in tedesco a caratteri Gotici : "sabato dopo S.Martino 1499 nel nome di Dio se ne è andato il nobile strenuo bennato cavaliere sig. Pancrazio di Spaur, coppiere ereditario del Tirolo".

Francesco Vigilio, conte dei Sporo Rovina, nato nel castello di Sporminore il 6 Gennaio 1609, vescovo di Chiems, per ricordare il padre, la madre e sè stesso, fa collocare il monumento sepolcrale in marmo rosso. L'iscrizione in latino riporta : "All'avita nobiltà della stirpe degli illustrissimi conti di Sporo, che una lunga serie di morti qui scrisse in questo vecchio sepolcro, con alfabeto di ossa non di un secolo solo, ora questo, con monumento di marmo, pio cultore dei maggiori espose alla luce, perchè i vivi intendano che niente è superstite al di fuori della fama e la coscienza del ben fatto, consegnò ai posteri Francesco Vigilio, conte di Sporo, Vescovo e principe do Chiems, figlio degli ottimi genitori: Giorgio Federico, Conte di Sporo, e di Barbara, Contessa Lodron, anno di salvezza 1666".
A terra è collocata la lapide di marmo bianco con scolpito lo stemma Spaur-Lichtenberg. Un altra lapide è posta all'entrata, a destra con lo stemma Altspaur con le stelle.

http://www.prolocospormaggiore.tn.it/sito/svigilio.php

martedì 24 marzo 2009

Chi era costui?

Nel 1475 fu trovato morto nel ghetto un bambino di circa due anni; molti ebrei furono accusati di aver ucciso il piccolo Simone in un rito sacrificale, furono incarcerati e torturati; alcuni finirono sul rogo. Da allora tutta la comunità ebraica fu cacciata da Trento. Il bimbo fu venerato, come san Simonino, in una cappella della chiesa di San Pietro, oggi non più esistente; il sacello a lui dedicato è rimasto all'interno di un palazzo di civile abitazione. Il culto di questo "santo" è stato revocato dalla Chiesa recentemente (1965).




IN.HARUM.AEDIUM.PENETRALIBUS
UBI.OLIM.SYNAGOGA.NUNC.SACELLUM.EXSTRUCTUM.EST
BEATUS.MARTYR.SIMON.TRIDENTINUS
VIGESIMUM.NONUM.AETATIS.MENSEM.AGENS
AB.IUDAEIS.SUMMO.CRUCIATU.INTERFECTUS.FUIT
DECIMO.CALENDAS.APRILES.NOCTE.CONCUBIA
ANNO.AERAE.VULGARIS.MCCCCLXXV



DOMUS.AD.BEATUM.SIMONEM
QUAE.SUPERIS.RAPTUM.TE.SEDIBUS.INTULIT.ILLA
QUID.MIHI.CO(N)TINGERIT.NOCTE.REFERRE.PUDET
PARCE.PRECOR.VETERI.PURGATAE.A[ ]E.NEC.ULLUM
HAEC.SUB.TECTA.SCELUS.IAM.PENETRARE.SINE
ME.PLACIDIS.PAX.QUA.FRUERIS.CIRCUMVOLET.ALIS
DULCE.DECUS.PATRIAE.PRAESIDIUMQUE.TUAE




http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=929

lunedì 24 marzo 2008

Santi Beati

Anche se la festa liturgica di questa singolare figura di beato fanciullo è stata eliminata nel 1965, vale la pena di ricordarla per le implicazioni sociali e religiose che dal lontano 1475 aveva impresso nella società trentina.
Il piccolo Simone, chiamato poi nei secoli Simonino, figlio del conciacapelli Andrea (parrucchiere dell’epoca), all’età di due anni e mezzo, scomparve misteriosamente la sera del 23 marzo 1475, ricorrenza del giovedì santo e il suo corpo dopo convulse ricerche fu ritrovato la mattina del 26 nel giorno di Pasqua, in condizioni strazianti, in un fosso d'acqua che attraversava lo scantinato della casa, di uno dei maggiori rappresentanti degli ebrei di Trento.
Per una serie di circostanze, di tempo, di luogo e di clima creatasi dopo la predicazione recente del beato Bernardino da Feltre, con riferimenti antisemiti, si instaurò subito la certezza che l’omicidio fosse dovuto ad un rituale perpetrato dagli ebrei.
Furono imprigionate una trentina di persone, tutte appartenenti alle tre famiglie di ebrei allora residenti in Trento, quelle degli usurai Samuele ed Angelo e del medico Tobia; per ordine del principe-vescovo Giovanni Hinderbach furono sottoposti a processo, che fece largo uso della tortura, per cui alla fine finirono per confessarsi colpevoli.
Nonostante gli interventi del papa Sisto IV e dell’arciduca Sigismondo del Tirolo, per niente favorevoli all’agire del principe-vescovo trentino, il processo proseguì con estrema durezza, fino alla condanna a morte e relativa esecuzione di 15 dei presunti rei e la confisca dei loro beni.
Sono conservati gli Atti del processo a Roma, a Trento e Vienna, importantissimi perché testimoniano gli sforzi fatti per accreditare l’omicidio rituale agli ebrei con l’opinione che simili riti avvenissero anche in altre città e con una certa frequenza.
La morte avvenuta per un rito del piccolo Simonino, dava l’opportunità al principe-vescovo Hinderbach di considerarlo un martire e quindi iniziò un culto con vasta azione propagandistica sia con scritti di autori umanistici (prima stampa nel 1475) sia con la predicazione, in particolare dei francescani del Trentino e regioni vicine.
Il papa Sisto IV proibì sotto pena di scomunica il culto al beato Simonino, perché non era chiaro il motivo della morte del piccolo. Ma la venerazione dei fedeli provenienti da ogni parte d’Europa, dietro la fama dei miracoli avvenuti, si diceva per sua intercessione, fece sì che il culto divenisse un culto di fatto, superando anche la proibizione papale.
Il culto persisteva nel secolo successivo, al punto che nel 1584, Cesare Baronio inseriva il suo nome nel ‘Martirologio Romano’ e nel 1588 su richiesta del vescovo di Trento, il papa Sisto V, concesse la festa e Messa propria, dando così l’assenso ad una formale beatificazione.
Il culto invece di scemare aumentò nei secoli successivi fino ai nostri giorni, soprattutto nell’epoca barocca, suscitando tutta una produzione artistica locale. Luoghi centri del culto furono le cappelle erette nei luoghi dell’uccisione, del rapimento e nella chiesa di S. Pietro dove era il corpicino imbalsamato.
Oltre la celebrazione annuale del 24 marzo, vi era fino al 1955 una sontuosa processione decennale con il corpo del fanciullo e i reliquiari con gli strumenti del presunto martirio. L’omicidio, la cacciata degli ebrei dal Trentino, le sentenze di colpevolezza e le esecuzioni capitali, suscitarono sempre la contestazione ebraica, con relativa condanna finché fosse praticato il culto del beato Simonino.
La questione coinvolse studiosi, giuristi, teologi, specie nell’800 sia da parte cattolica sia da parte ebraica; finché nel ‘900 studi più approfonditi di commissioni di studiosi, portarono a conclusioni onestamente accettabili, di esclusione di riti ebraici nell’omicidio.
Pertanto il vescovo di Trento A. M. Gottardo, il 28 ottobre 1965, abrogò ufficialmente il culto del beato Simonino di Trento, con il pieno consenso della S. Sede e con soddisfazione del mondo ebraico, che si vide togliere il sospetto di praticare riti sanguinari; bisogna ricordare che analoga accusa fu fatta ai cristiani delle catacombe dei primi tempi.
Gli artisti furono chiamati, nei cinque secoli del culto, ad immortalare con ogni forma di arte, il martirio, i resti tagliati, la figurina benedicente, in piedi su un tavolo o legato ad una croce del piccolo Simonino, comunque beato in Dio; vittima innocente, come in tutti i tempi di omicidi oscuri e orribili, che ogni tanto vengono perpetrati quali simbolo del male che continuamente si aggira nell’umanità, qualunque sia la mano assassina.


Antonio Borrelli

http://www.santiebeati.it/search/jump.cgi?ID=91019


Iconografia

sabato 24 marzo 2007

Il Monastero S. Pietro in Lamosa (Provaglio d'Iseo / BS)

La bella chiesa romanica è in posizione elevata e dominante a occidente del paese sulla distesa delle torbiere, da sempre chiamate "lame" e ciò spiega perché si dice "in Lamosa". Furono due fratelli, Ambrogio e Oprando, di nazione Longobarda, come essi dichiararono, a donare nel Dicembre 1083 al monastero benedettino di Cluny una chiesetta con tutti i beni di cui la dotarono a suffragio delle loro anime.
Dodici anni dopo era già sorto contiguo il monastero che, nel 1147, divenne priorato cluniacense. La chiesetta originaria era già stata ampliata. Lo attestano le diverse murature esterne. Accanto alla primitiva absidiola del XI secolo si era aggiunta la navatella laterale romanica. Nuovi ampliamenti si eseguirono nel XIII secolo nella parte che risulta oggi incorniciata in cotto e altri ancora nel cinquecento con l'elevazione dell'abside centrale e dell'ultima cappella. Una lapide in latino ricorda il passaggio, avvenuto nel 1536, della chiesa ai canonici regolari di San Salvatore che officiavano a San Giovanni in Brescia. Oggi il complesso religioso è costituito dalla navata centrale, da quella laterale a nord con quattro cappelle e dal campanile. A sud della chiesa si apre il chiostro. La navata maggiore termina con un coro ad abside fiancheggiato da due altari barocchi insediati in due absidiole. I pilastri e le pareti sono parzialmente coperti di affreschi in buono stato. Negli anni sessanta e settanta del nostro secolo il complesso ha subito gravi danni oltre per le intemperie anche per atti vandalici. Nel 1983 l'antica chiesa e l'antistante cappella fu donata alla parrocchia. Dopo aver provveduto al risanamento del tetto, è nata l'associazione "Amici di San Pietro" che si è già impegnata a restaurare e valorizzare il monastero. Restauri recenti avrebbero messo in mostra opere lignee del Fantoni.




A
Absidiola esterna preesistente all'atto della donazione (1083) con all'interno 1'Altare dedicato a S. Carlo.

B
Cappelle A e B aggiunte nell'anno 1130. Affreschi: Trecenteschi monocromi Madonna con Bambino con Angeli e Santi. Beato Simonino da Trento (anno martirio 1375).

C
S. Antonio Abate tra San Benedetto e San Pietro Martire. (La dedica in gotico con il nome del donatore Alessandro Pellegrini di Martinengo e data 1456). Deposizione. Madonna con Bambino assisa in trono gotico cuspidato.

D
Sulla parete di fondo della Cappella C aggiunta alla fine del XV secolo, una Crocifissione tra San Bernardino da Siena e San Nicola da Tolentino (di maestro ignoto ma sicuramente influenzato dai modi del Foppa).

E
Sulla volta ad ombrello della Cappella D (aggiunta nel 1550) sono raffigurati Evangelisti e Dottori della Chiesa, nelle lunette Sibille e Profeti. (scuola del Gambara ?). Pala d'altare: attribuita a F. Giugno rappresenta il ringraziamento alla Madonna del Rosario dei Vincitori della Battaglia di Lepanto.

F
Ciclo pittorico raffigurante gli apostoli. Solo le sei figure del lato nord sono state portate a termine mentre dal lato opposto ne esiste solo il disegno preparatorio.

G
Altare di Santa Maria Maddalena con statue lignee di San Bernardino da Siena e di Santa Caterina. Paliotto in commesso marmoreo, di scuola fiorentina.

H
Nella cornice decorativa, sottotetto, medaglioni con i visi dei Santi Paolo, Pietro e Bernardo. Al centro lo stemma della nobile famiglia degli Ochi.


http://www.comune.provagliodiseo.bs.it/bin/index.php?id=845

venerdì 24 marzo 2006

Evviva San Simonino!

Oggi è la festa liturgica di San Simonino di Trento, uno dei patroni della città trentina. Riproponiamo alcuni documenti sulla figura del bimbo martire e l¹invochiamo affinché possa terminare la persecuzione dei Cristiani, iniziata con la lapidazione di Santo Stefano da parte dei Giudei (Atti degli Apostoli, VII, 54-59).

Documento n. 1 – Dall’Enciclopedia Cattolica, vol. XI, col. 640 (edizione del 1953):
Simone di Trento, santo, martire. Bambino di 20 mesi (secondo altri di due anni e mezzo), figlio di un conciatore di Trento, scomparso la sera del Giovedì Santo (23 marzo) 1475, e ritrovato cadavere con orribili mutilazioni la domenica seguente in un canale che scorreva sotto la casa di uno dei maggiorenti ebrei della città. L’opinione pubblica e il processo immediatamente aperto dal principe vescovo Giovanni Hinderbach attribuirono agli Ebrei la colpa dell’uccisione fatta a scopo rituale. Quattordici di essi in seguito al processo e alle deposizioni furono giustiziati, gli altri, con una legge che rimase in vigore fino alla secolarizzazione, furono messi al bando dal Principato. Al piccolo Simone, che i Trentini venerarono tosto come martire, la S. Sede concesse nel 1588 il culto liturgico e l’iscrizione nel Martirologio romano. Festa il 24 marzo.

Documento n. 2 – Dal Breviario Romano, Proprio dell’Arcidiocesi di Trento, testi delle Lezioni del II Notturno:
IV Lezione – Simone di Trento, nato da genitori pii, non aveva compiuto ancora 29 mesi della sua età quando di nascosto fu rapito dalla casa paterna da un ebreo di nome Tobia che era stato corrotto con del denaro da altri Giudei. Costoro, infatti, avevano deciso di uccidere un fanciullo cristiano poiché, per loro, si avvicinava la Pasqua, così da poter mescolare il sangue del fanciullo agli azzimi, operazione che essi reputavano essere gratissima a Dio. Il fanciullo sequestrato fu condotto nella casa di Samuele nella quale si erano radunati molti Giudei. Favoriti dal silenzio della notte, da questa casa lo portarono nella Sinagoga e qui gli tolsero le vesti, gli fasciarono la bocca in modo che non si sentissero le grida e, subito dopo, tirando le sue braccia da una parte e dall¹altra lo misero come in croce e in guisa di lupi famelici praticarono crudeli sevizie sul tenero corpo tanto da cambiare il suo aspetto.
V Lezione – Il più crudele fra questi, dopo aver colpito il volto (visibile tutt’oggi nonostante i supplizi) tagliò con una verga la sua fronte di bambino. Un altro, con un arnese, gli strappò un brandello di carne dalla mascella. Nel contempo ve n’era un terzo che pestava crudelmente i brandelli di carne. Il sangue che fuoriusciva dalla pelle veniva raccolto per usi abominevoli. Qualche altro persecutore, onde evitare che il bambino soffrisse per pochi istanti morendo soffocato, per qualche attimo allentava il bavaglio, facendo attenzione che non si sentissero le grida, per poi restringerlo. Cominciarono in seguito tutti a forare, con aghi appuntiti le povere membra, quasi morte, un po’ in tutto il corpo gridando che quell’offesa essi la facevano a Gesù, che i Cristiani adorano come Dio.

Nello stesso modo in cui i loro padri avevano affisso in croce Gesù, anche loro martirizzavano ora quel fanciullo. Queste bestie molto selvagge godevano nel guardare i rivoli di sangue che uscivano da tutto il corpo e cadevano lasciando macchie ovunque. Finché il povero martire, dopo circa un’ora d’agonia rimise lo spirito a Dio nella decima calenda di Aprile dell’Anno del Signore 1475.
VI Lezione – Questi uomini empi, poiché avevano capito di essere sospettati dal popolo che cercava il fanciullo, rivestirono con i suoi indumenti il corpo esanime e lo gettarono nel fiume che scorreva lì sotto. Subito denunziarono al Vescovo Giovanni di avere ritrovato quel corpo così straziato nelle torbide acque. Per questo motivo fu inviato ad indagare il prefetto della città che per tre giorni interi rimase presso di loro. (Era infatti la Domenica di Resurrezione).

Alla fine dei tre giorni egli capì che quel tremendo misfatto era stato perpetrato da loro, li fece imprigionare, interrogare e, dopo che ebbero confessato, infine li condannò a giustissime pene. In seguito con pubblico decreto vennero scomunicate ed interdette tutte le genti empie della città e del contado di Trento. Il piccolo corpo dell¹innocente fanciullo fu portato in processione alla Chiesa di S. Pietro con grande concorso di folla. Il popolo lo tiene in grande venerazione per i suoi clamorosi miracoli compiuti non solo in Trento, ma anche fuori dalla città.

Documento n. 3 – Dal Martirologio Romano (Typis Polyglottis Vaticanis,
1956):
Nono Kalendas Aprilis (23/III). Tridenti passio sancti Simeonis pueri, a Judæis sævissime trucidati, qui multis postea miralulis coruscavit.
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Centro studi Giuseppe Federici
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lunedì 10 febbraio 1997